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venerdì 24 giugno 2011

Il meccanismo della visione

La fisica antica era tutta centrata sullo studio dell'uomo come essere senziente, era ciò che il linguaggio moderno omologherebbe come fisiologia dei sensi. Il problema chiave della filosofia greco-romana era spiegare come l’uomo venisse a conoscenza del mondo esterno. Si giunse così all’esistenza dei sensi, organi periferici, collegati tramite i nervi ad un organo centrale, il cervello, sede dell’anima o psiche, termine che nasce nell'antica poesia greca e Omero la vede come qualcosa che caratterizza ogni singolo individuo e che abbandona il corpo La conclusione degli antichi filosofi era la seguente: i segnali pervenuti ai sensi e inviati alla psiche per mezzo dei nervi sono elaborati e vengono rappresentati in modo caratteristico. Per esempio, se essi pervengono alle orecchie, sono suoni, se pervengono agli occhi, sono immagini. In altri termini, a quel tempo c’era la convinzione che il suono, il caldo, il freddo, la luce ed il colore, come pure il sapore e l’odore, fossero entità create dalla psiche per rappresentare i segnali del mondo esterno. I filosofi studiarono il comportamento di ciascun senso, ossia cercarono di dare una spiegazione del modo in cui ciascun senso riusciva a trasmettere al cervello le sensazioni, permettendo così di conoscere le proprietà dei corpi esterni. E' interessante notare come, nel caso del tatto, era il semplice contatto fra organo senziente e corpo esterno il responsabile della relativa sensazione; così, per il gusto, il sapore era frutto del contatto che avveniva all’interno della bocca, dove erano preposti gli organi per dare la conseguente sensazione. A differenza di questi due sensi, per l’odorato non vi era il diretto contatto, ma si pensava che degli effluvi, staccandosi dai corpi sotto forma di vapori, andassero a stimolare il naso, sede dell’organo deputato all’olfatto. Impedendo, infatti, il flusso delle esalazioni, anche la sensazione cessava. Per spiegare la sensazione dell’udito, ci si affidava a vibrazioni meccaniche mute che si propagavano dal corpo vibrante attraverso l’aria circostante fino a giungere alle orecchie e quindi alla psiche, che elaborava gli urti ad essa pervenuti come suono. Quando si cercò di studiare il funzionamento della visione non pochi furono i problemi che emersero. Una cosa era fuori dubbio: la luce, ciò che ci permette di vedere quando non è buio, aveva carattere prettamente soggettivo, era una rappresentazione della psiche e veniva designata con il termine latino lux. L’ottica antica era decisamente un’ottica non obiettiva, non fisica, poiché si pensava che tutto ciò che si vede è un complesso di figure create dalla psiche con carattere soggettivo, che quindi poteva variare da persona a persona. A riprova di ciò si consideravano le illusioni ottiche. Le più diffuse teorie sul meccanismo della visione erano: · La teoria delle scorze · La teoria dei raggi visuali.

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