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martedì 12 luglio 2011
Obiettivi fotografici e linee per mm
Le linee/mm servono a cosa servono ? ci aiutano a riconoscere un obiettivo buono da uno meno buono ?
Le curve della risolvenza di un obiettivo, servono solo per dare un'idea di quante informazioni potenziali, possono essere registrate dal sensore o daslla pellicola e soprattutto per vedere se l’immagine dal centro ai bordi e per l’apertura di tutti i diaframmi, rispondono con uniformità.
Dal momento che tutte le lenti presentano una determinata quantità di aberrazione sferica e astigmatismo, i raggi non possono convergere perfettamente da un punto del soggetto per formare un punto dell'immagine reale.
Le immagini si formano da un insieme di punti che occupano una determinata area. Dal momento che le immagini diventano meno nitide man mano che la dimensione dei punti aumenta, i punti vengono chiamati circoli di confusione. Pertanto, per indicare la qualità delle lenti si utilizza il parametro del punto più piccolo che le lenti riescono a formare, ovvero il circolo di confusione minimo. La dimensione massima ammessa per il punto in un'immagine è chiamata circolo di confusione ammissibile.
A questo punto, sorge spontanea la domanda su come si è arrivati a calcolare il circolo di confusione. Una persona, osservando un foglio bianco da circa 20-25 cm. di distanza è in grado di distinguere due punti disegnati sul foglio che distino tra loro 1/16 di mm; 1/16 di mm. è il potere risolvente del nostro occhio, al di sotto di 1/16 questi punti non vengono più percepiti come distinti ma diventano una sola macchiolina sfuocata, un circolo di confusione appunto che si traduce nella distanza minima che permette di percepire due punti come distinti. Dato che è proprio la nitidezza che ci interessa, per riuscire a distinguere dettagliatamente gli oggetti, si può già immaginare come il circolo di confusione sia anche direttamente implicato nella determinazione della profondità di campo.
Quando è stata affrontata l’annosa questione, ci si rese conto che 1/16 di mm (16 linee per mm) era un parametro per lo più teorico e si decise così che anche 1/6 di mm (0,1667 mm) poteva andare bene. Infatti 1/16 si ottiene sotto le migliori condizioni: luce perfetta, punti estremamente contrastati ed un osservatore con buone capacità visive. Succede che la luce non è ideale e che noi siamo più o meno affetti da disturbi visivi.
All'alba della stampa fotografica formato famiglia, il formato più in uso, richiedeva stampe di piccole dimensioni, circa 5 volte le dimensioni del negativo 35 mm e perchè un ingrandimento di questo tipo risulti nitido il circolo di confusione diventa 0,1667/5=0,0333 mm. Questo valore è stato il parametro utilizzato da molti produttori di lenti per testare i propri obiettivi, viene espresso anche in linee pari per millimetro: 1/0,0333= 30 lp/mm; guarda caso, 30 lp/mm è anche il massimo valore risolvente richiesto ad una stampa fotografica e così si è assunto questo valore come standard.
La risoluzione si misura in linee per millimetro (L/mm) o coppie di linee per millimetro (LP/mm). Attenti sono due cose diverse. Gli ingegneri, parlano di linee per millimetro, visto che per avere una linea nera ne occorre anche una bianca. I fotografi, parlano di coppie di linee per millimetro.
30 L/mm per un ingegnere significano 30 coppie di linee perché, come detto, ogni linea nera ne deve avere una corrispondente bianca, però la risoluzione non è un assoluto scientifico ma è totalmente soggettiva e variabile da individuo a individuo.
Fra le innumerevoli caratteristiche che deve possedere un obiettivo, la nitidezza è di gran lunga quella più analizzata. Ma i concetti legati alla nitidezza, quando leggiamo un test su un obiettivo, in modo da distinguere quali tra due o più performante, di questi quali sono i parametri realmente importanti per i nostri scopi, molto dopo scopriamo, con la pratica, che in qualche caso forse è meglio chiedere di meno sul fronte della nitidezza a vantaggio di quello di una resa cromatica più calda, vedi il ritratto, anziché più incisivo e neutro per un panorama, cambiando la marca degli obiettivi si cambia anche la resa cromatica.
Precisiamo che per nitidezza di un'immagine si intende un insieme di parametri che dipendono sia dalla qualità delle ottiche, che dal sensore utilizzato.
Ritornando alle serie ripetute di linee vengono create parallelamente e perpendicolarmente, alla diagonale del fotogramma 35mm, le linee parallele vengono chiamate linee sagittali (S nei grafici MTF Canon); Le linee perpendicolari vengono chiamate linee meridionali (M).
La maggior parte degli obiettivi è in grado di riprodurre in modo più nitido i particolari al centro del fotogramma rispetto a quelli che si trovano vicino ai bordi. I grafici MTF visualizzano le prestazioni degli obiettivi dal centro dell'obiettivo verso l'angolo.
In un grafico MTF, le linee continue indicano le prestazioni delle linee sagittali (parallele alla diagonale della pellicola); le linee tratteggiate indicano le prestazioni delle linee meridionali (perpendicolari alla diagonale).
Pertanto, solitamente un grafico MTF mostra linee che tendono a curvare verso il basso man mano che si procede verso destra. La curva indica le prestazioni dell'obiettivo dal centro agli angoli dell'inquadratura.
Ricordiamoci che più in alto ci si trova nel diagramma e migliore è il contrasto. Teniamo anche a mente che spostandoci verso la destra del diagramma, andiamo verso il bordo del fotogramma, differenziando così il comportamento al centro ed ai bordi dell'ottica.
I diagrammi MTF non ci parlano però della vignettatura, delle distorsioni lineari, della resistenza al flare. Un diagramma MTF ci può aiutare a capire come si comporta il vetro.
I parametri che caratterizzano la nitidezza di un'immagine e di conseguenza dell'ottica, sono sostanzialmente due :
1. La Risoluzione o Risolvenza
2. L'acutanza o micro-contrasto
entrambi giocano un ruolo importante nel formare la sensazione di nitidezza dell'immagine.
Sebbene la risolvenza e il micro-contrasto sono parametri in una certa misura indipendenti, essi sono legati dal fatto che limitazioni alla risoluzione e perdite di contrasto nelle immagini sono effetti causati dagli stessi fenomeni quali, le aberrazioni dell'ottica e la diffrazione, che impediscono la focalizzazione perfetta sul piano del sensore dei raggi di luce provenienti dal soggetto.
La Risoluzione o Risolvenza è stato il primo parametro ad essere definito in modo più o meno sistematico, nel modo seguente:la risoluzione di un'ottica è tanto più elevata tanto più questa è capace di produrre immagini nelle quali è possibile distinguere particolari di dimensioni minori. La misura della risolvenza è semplicemente data dal numero massimo di coppie di linee che si possono risolvere per ogni millimetro di immagine sul sensore (linee/mm).
Si presentano due problemi. Il primo è stato già preso in considerazione ed è il fatto che l'immagine di norma si costruisce sul sensore il quale a sua volta può ridurre la capacità di risolvenza. Questo problema può essere evitato usando pellicole/sensori digitali con risolvenze maggiori di quelle delle ottiche. L'altro problema è causato dal fatto che la capacità di distinguere la presenza di linee alternate dipende in parte dall'osservatore. Questo aspetto è strettamente collegato poi al fatto che la risolvenza ci dice sostanzialmente quanta informazione può al massimo catturare il sensore, ma, non fornisce nessuna informazione sulla qualità di questa informazione. Un'ottica può ad esempio risolvere 200 linee/mm ma in modo tale che la differenza di toni sia così lieve che chi osserva l'immagine riscontra una differenza tra la linea chiara e quella più scura, appena accentuata . In questo caso la sensazione di nitidezza che l'immagine ci invia è scarsa, anche se il potere risolvente è ottimo.
La risolvenza non può dunque essere l'unico parametro che ci permette di capire quanto sia alta la sensazione di nitidezza prodotta da un'immagine e quindi il loro contrasto è altrettanto importante.
A questo punto ci viene in aiuto un secondo parametro:
l'acutanza, le perdite di risoluzione ma anche contrasto che si osservano nelle immagini con dettagli molto fini sono causate dal fatto che a causa di aberrazioni insite nel sistema ottico oppure della semplice diffrazione della luce, una ipotetica sorgente perfettamente puntiforme produce un'immagine tutt'altro che puntiforme.
A causa di questo sparpagliamento del raggio luminoso una struttura "a scalino" nel soggetto verrà registrata sul sensore come una struttura con profili magari ripidi ma "morbidi". Tanto più ripidi saranno i profili tanto maggiore sarà la sensazione di nitidezza prodotta dall'immagine. Profili dolci producono evidentemente una perdita di nitidezza ma di un tipo diverso da quello misurabile mediante il test della risolvenza. La misura precisa della rapidità di cambiamento dei toni di grigio si effettua mediante il test dell'acutanza. Dato un soggetto che presenta un profilo di illuminazione a gradino, si analizza il profilo di salita dell'intensità luminosa nell'immagine. L'acutanza è tanto maggiore tanto minore è la distanza D tra il punto al 10% e quello al 90% dell'intensità massima.
Purtroppo, però, la misura della distanza D tra il 10% e il 90% del profilo immagine di una sorgente a gradini e' un'operazione tutt'altro che immediata.
In fase di progettazione di un ottica il produttore deciderà se indirizzare la sua ottica, verso una più alta risolvenza, oppure in quella del maggiore contrasto, oppure quella di un buon compromesso tra i due.
I test MTF che si trovano sulle riviste o in rete danno indicazioni sull’andamento della nitidezza al variare dell’apertura del diaframma o della posizione delle frange all’interno del campo inquadrato (nitidezza al centro o a i bordi). Per esigenze di praticità e leggibilità dei grafici queste misure sono effettuate ad una frequenza spaziale fissa. Naturalmente la nitidezza è una caratteristica dell’obiettivo, ma è la sua destinazione d’uso che determina la frequenza alla quale effettuare il test.
I grafici MTF non includano molti fattori che possano aiutare nella scelta di un obiettivo, quali le dimensioni, il costo, la maneggevolezza, la minima distanza di messa a fuoco, l'apertura relativa massima, la stabilizzazione, forniscono alcune caratteristiche, che possono ritornarci utili, per una scelta, ma sono solo un complemento a quello che noi chiediamo.
Queste frequenze che sono solitamente utilizzate per le ottiche sono:
• Formato 135 (24x36) (tutte le reflex a formato pieno) frequenza 10,20,40 linee/mm
•Formato APS-H (18x28) (serie Canon 1D) 13,26,52 linee/mm
• Formato APS-C (Nikon DX, Pentax, Sony,...., 16x24) 15,30,60 linee/mm
•Formato APS-C (Canon 15x22.5) 16,32,64 linee/mm
• Olympus QuattroTerzi 20,40,80 linee/mm
Per il sistema “a formato pieno” 24x36 la misura del trasferimento di contrasto alla frequenza spaziale di 10 linee/mm e’ importante per stimare la resa dell’ottica in termini di contrasto generale oppure se si intende stampare le fotografie nel classico formato 10x15 cm. In altri termini una lente con MTF10 prossimo all’unità produrrà sicuramente immagini con un eccellente contrasto generale ma non sarà necessariamente nitido sulle piccole scale. La frequenza di 20 linee/mm è associata a strutture di dimensioni due volte più piccole delle precedenti, che possono essere notate in stampa solo su formati da 20x30cm in su. Il valore di MTF20 dà quindi informazioni sia sul contrasto generale che sulla nitidezza. Il valore MTF40, di contro, darà informazioni esclusivamente sul contrasto a piccolissime scale, molto prossime alle minime scale risolvibili dai sensori odierni mentre non darà nessuna informazione sul contrasto generale: una lente con un valore MTF40 relativamente elevato avrà ottime doti di risolvenza ma non necessariamente fornirà un contrasto elevato alle scale più grandi.
Vediamo ora perchè nei sensori di dimensioni inferiori al 24x36 le frequenze spaziali delle prove devono essere più elevate. Poichè ad esempio nel formato Nikon DX le dimensioni del sensore sono 1.5 volte inferiori a quelle del formato 24x36, l’obiettivo deve lavorare a frequenze spaziali 1.5 volte maggiori. In altre parole mentre per riempire tutto il fotogramma 24x36 sono necessarie 36mm x 10linee/mm=360 linee verticali nel caso di MTF10, per riempire il sensore in formato DX con le stesse 360 linee (quindi avere la stessa immagine catturata) il sensore deve ricevere le righe in una lunghezza 1.5 volte inferiore (24mm) con la conseguente frequenza spaziale di 15 linee/mm. Su canon il fattore di moltiplicazione può essere 1,6 oppure 1,3.
Questo spiega per quale motivo di solito obiettivi progettati per i corpi a pellicola o digitali a formato pieno, molto spesso, hanno prestazioni in termini di nitidezza inferiori se montati su reflex digitali con sensori a formato ridotto: in questi casi le lenti sono obbligate a lavorare a frequenze spaziali piu’ elevate e, come abbiamo visto, all’aumentare della frequenza il grado MTF diminuisce (anche sensibilmente).
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